– A cura di Alessandro Mosele –
I pannelli radianti risalgono come concezione a più di duemila anni fa, quando in particolare i Romani perfezionarono un sistema di riscaldamento degli ambienti civili basato su fumi caldi che venivano convogliati in condotti ricavati sotto i pavimenti del locale da riscaldare.
La tecnologia attuale, con acqua come fluido termovettore e tubazioni prima metalliche e poi in materiali plastici evoluti, risale però solo all’inizio del secolo scorso. Negli anni ’50 e ’60 vennero realizzati in Europa molti impianti di questo tipo, ma diedero origine a diversi casi di malessere da addebitarsi a tre cause principali:
- temperature troppo alte a pavimento, dovute allo scarso isolamento degli alloggi;
- inerzia termica dei pavimenti troppo elevata, dovuta al fatto che i pannelli (senza isolamento sotto) scaldavano l’intera soletta;
- inadeguatezza della regolazione, che in pratica si effettuava solo manualmente.
I moderni sistemi di riscaldamento radiante si possono al contrario annoverare oggi tra le migliori soluzioni per garantire ottime condizioni di comfort ed elevate prestazioni in termini di efficienza energetica. Sono anche definiti impianti “a bassa temperatura” perché la temperatura dell’acqua che alimenta le tubazioni radianti è inferiore a 40-45°C mentre negli altri sistemi di riscaldamento tradizionali varia dai 50°C fino a 80-85°C. Le principali evoluzioni rispetto ai sistemi degli anni ’50 e ‘60 sono state:
- introduzione di lastre isolanti di supporto selezionabili tra numerose tipologie e diversi spessori, con soluzioni che integrano anche prodotti acustici per la riduzione del livello di rumore di calpestio;
- miglioramento della regolazione che abbina generalmente sistemi di regolazione climatica (per variare la temperatura di mandata in funzione delle temperatura esterna, in modo da garantire una maggiore cessione di calore dai corpi scaldanti agli ambienti quando fa più freddo all’esterno) a termostati o sonde per la regolazione più fine della temperatura ambiente (interna);
- temperatura superficiale massima in riscaldamento, nel caso di edifici sufficientemente isolati, ampiamente inferiore al valore limite imposto dalla normativa di 29°;
- riduzione dell’inerzia termica grazie a massetti più sottili e con maggiore conducibilità termica.
Non è raro però incontrare ancora persone informate sugli inconvenienti degli impianti di riscaldamento a pavimento del secolo scorso ma totalmente ignare delle successive evoluzioni, con conseguenti resistenze e diffidenza… assolutamente infondate!
Di seguito si sintetizzano i principali aspetti positivi e negativi degli impianti di riscaldamento e raffrescamento radiante a pavimento.
PRO
- maggior comfort termico rispetto ai sistemi tradizionali ad alta temperatura:
dovuto principalmente ad una temperatura superficiale di pavimento e pareti maggiore e più omogenea rispetto ai sistemi di riscaldamento ad alta temperatura. Questo vantaggio è ridotto, ma non annullato, nel caso nelle moderne abitazioni molto isolate, in cui è possibile dimensionare i corpi scaldanti con temperature dell’acqua di alimentazione inferiori rispetto ai 70-75°C utilizzati fino a qualche anno fa. Anche nel caso del raffrescamento estivo il comfort si può ritenere senz’altro migliore rispetto a quello dei sistemi ad aria; - risparmio energetico: grazie alla temperatura media superficiale delle pareti più elevata ci possono ottenere condizioni di comfort migliori con temperature dell’aria di circa 2°C inferiori rispetto ai sistemi a sistemi di riscaldamento ad alta temperatura. Di conseguenza i consumi nella nostra zona climatica (zona E) diminuiscono teoricamente di circa il 14% all’anno. La bassa temperatura dell’acqua in circolazione garantisce inoltre elevati rendimenti per le caldaie a condensazione e soprattutto per le pompe di calore. In questo caso sono vivamente consigliate finiture superficiali in gres porcellanato o comunque ceramiche, che consentono di abbassare ulteriormente la temperatura di alimentazione con un sensibile incremento del rendimento (COP) della pompa di calore. Quindi rispetto ad un sistema di riscaldamento tradizionale ad alta temperatura con caldaia non a condensazione i risparmi possono anche superare il 20% all’anno;
- elevata capacità di “autoregolazione”: grazie alla ridotta differenza di temperatura tra la superficie radiante e l’aria ambiente la resa dei pannelli radianti cala rapidamente con piccoli incrementi di temperatura dell’aria ambiente (nel caso di funzionamento in riscaldamento) e viceversa. In sostanza quando serve che scaldino garantiscono elevate rese, quanto invece la temperatura dell’aria ambiente aumenta per altre cause (apporti solati, fonti di calore interne, ecc.) la resa dei pannelli cala evitando surriscaldamenti degli ambienti. Si sottolinea che per sfruttare al meglio questa capacità di “autoregolazione” è necessario che la regolazione climatica sia impostata in modo ottimale, evitando temperature del fluido termovettore eccessive;
- assenza di corpi scaldanti a vista con vantaggi estetici e di maggior libertà di arredo;
- nessun problema di sporcamento delle pareti con aloni o “baffi” tipici dei sistemi tradizionali ad alta temperatura causati dalla combustione del pulviscolo atmosferico (problema però di fatto superato in moderni edifici con radiatori ben dimensionati);
- totale assenza di rumore a differenza di ventilconvettori o sistemi ad aria canalizzati;
- non ci sono spostamenti d’aria quindi non viene mossa polvere;
- manutenzione praticamente assente;
- basso gradiente termico con conseguente riduzione delle dispersioni e maggior comfort termico in ambienti di altezza elevata.
Nel caso del raffrescamento si deve aggiungere:
- maggior efficienza nel caso di abbinamento a pompe di calore elettriche, grazie ai maggiori COP raggiungibili per la temperatura maggiore dell’acqua rispetto ai tradizionali sistemi idronici (idrosplit, ventil, cassette);
- maggior sfruttamento di eventuale energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (pannelli fotovoltaici, mini o micro eolico, ecc.), grazie ad un funzionamento per tempi più lunghi e a potenze inferiori rispetto ai sistemi tradizionali;
- nessun rischio di malattie respiratorie e contratture muscolari, affatto trascurabili nel caso di sistemi ad aria con flussi non impostati correttamente in termini di temperatura, direzione, e/o portata.
CONTRO
- maggior inerzia termica con conseguenti difficoltà di regolazione a temperature variabili giorno/notte (funzionamento di tipo discontinuo).
Questo però è oggi un problema solo apparente, per due ragioni:
– l’elevato isolamento termico degli edifici non rende più determinante ai fini della riduzione dei consumi una regolazione con spegnimento o attenuazione notturna, ed anche per ragioni di comfort può essere consigliabile impostare temperature eventualmente distinte per zone giorno e notte ma costanti nell’arco delle 24 ore;
– i massetti autolivellanti a base di anidrite naturale hanno ottime caratteristiche meccaniche e di trasmittanza termica e possono arrivare in casi specifici anche a spessori inferiori a 2cm sopra le tubazioni radianti. In alternativa sono presenti sul mercato numerosi sistemi a spessore ridotto, con indubbi vantaggi a fronte di un costo maggiore. In entrambi i casi l’inerzia termica è notevolmente ridotta rispetto ai sistemi radianti “tradizionali” ed in caso di necessità è possibile valutare anche un funzionamento dell’impianto di tipo discontinuo; - limiti di foratura del pavimento (problema tipico del settore industriale, ma risolvibile senza particolari difficoltà).
Nel caso del raffrescamento si deve aggiungere:
- bassa resa per vincoli sulle temperature superficiali che non possono scendere sotto la temperatura di rugiada per non causare condensa. Questo vincolo è però quasi insignificante per moderni edifici ben isolati, per i quali non sono richieste elevate rese nè in riscaldamento nè in raffrescamento;
- costi più elevati di un sistema per solo riscaldamento abbinato ad un sistema di raffrescamento di tipo multisplit per la necessità di una pompa di calore di tipo idronico, di deumidificatori specifici, di regolazioni più complesse e passi di posa circa dimezzati rispetto all’utilizzo in solo riscaldamento (tale differenza di costo si riduce però nel caso di impianti concepiti già in partenza con la pompa di calore, per cui i passi delle tubazioni sarebbero comunque consigliati ridotti);
- costi di gestione potenzialmente più elevati nel caso non si sia utenti abituati a mantenere temperature molto fresche in tutti i locali. Mentre infatti con un sistema di tipo tradizionale è possibile ottenere un discreto comfort con l’accensione dell’impianto esclusivamente negli orari e nei locali di utilizzo, con un impianto radiante c’è meno flessibilità e si devono raffrescare superfici maggiori per tempi maggiori. E’ evidente però che le due situazioni non sono confrontabili in termini di comfort, a netto vantaggio dei sistemi radianti;
- non si presta molto ad un funzionamento discontinuo, ma l’utilizzo di massetti autolivellanti a ridotto spessore comporta senza dubbio una netta riduzione dei tempi di messa a regime rispetto ai massetti tradizionali.
In conclusione, volendo forzare un’estrema sintesi, potremmo dire che i principali vantaggi dei sistemi radianti a pavimento, in moderne abitazioni ben isolate, sono in primo luogo la grande libertà di arredo e l’assenza di corpi scaldanti a vista, in secondo luogo l’ottimo comfort (ma per i massimi vantaggi si dovrebbero prevedere regolazioni non di tipo on-off sulla portata ma di tipo climatico con correzione della temperatura di mandata in funzione della temperatura ambiente), ed infine l’efficienza molto elevata se abbinati a pompe di calore elettriche e pannelli fotovoltaici. Gli svantaggi sono essenzialmente ridotti ai maggiori costi iniziali. A tal proposito è però doveroso osservare che allo stato attuale, con riferimento a edifici ben isolati, i risparmi annuali dovuti alla maggior efficienza di un sistema costituito da pannelli radianti abbinati a pompa di calore rispetto ad un classico impianto con caldaia a condensazione e radiatori dimensionati e regolati in modo ottimale, non sono sufficienti a garantire tempi di ritorno del (maggior) investimento inferiori a 10-15 anni.
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